Esplosioni di supernova da stelle LBV. Lo studio: “Modeling the remnants of core-collapse supernovae from luminous blue variable stars” di S. Ustamujic (INAF-OAPA) pubblicato su Astronomy & Astrophysics

Le stelle LBV (Luminous Blue Variable) sono stelle massicce, instabili, e caratterizzate da importanti perdite di massa, sia dovute ad intensi venti stellari che a sporadici eventi di espulsione di grandi quantità di gas. A causa della loro instabilità, le stelle LBV sono sorgenti variabili, con variazioni quasi-periodiche della loro luminosità dell’ordine di 0.5-2 magnitudini. Esempi tipici di stelle di

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Dibattuta la natura del sistema binario NGC1850 BH1: un sistema con un buco nero di 11 masse solari (Saracino et al. 2021) o con una stella di tipo sdOB (El-Badry et al. 2021)?

Negli ultimi anni diverse campagne osservative sono state progettate per identificare buchi neri di massa stellare, includendo sia gli oggetti che accrescono attivamente che quelli “quiescenti”, ossia senza evidenti fenomeni di accrescimento. Queste osservazioni sono importanti sia per studiare la reale popolazione di buchi neri della Galassia, che per comprendere la formazione di buchi neri stellari massicci (con una massa

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Scoperto il primo sistema esoplanetario con pianeti in orbite sia polari che equatoriali. Lo studio: “The Rossiter-McLaughlin effect revolutions: an ultra-short period planet and a warm mini-Neptune on perpendicular orbits” di V. Bourrier (Observatoire Astronomique de l’Université de Genève) pubblicato da A&A

Lo studio delle architetture dei sistemi esoplanetari, ed in particolare dell’angolo spin-orbita (ossia l’inclinazione dell’orbita dei pianeti rispetto all’asse di rotazione della stella) può svelare importanti dettagli sull’evoluzione dinamica di un sistema planetario. In particolare, frequentemente i pianeti giovani possono migrare radialmente, cambiando la propria distanza dalla stella ed interagendo con gli altri corpi del sistema planetario. Questo processo può

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Le proprietà dei sistemi esoplanetari scolpiti dall’ambiente di formazione. Lo studio: “Exploring the link between star and planet formation with Ariel” di D. Turrini (INAF-IAPS) pubblicato da Experimental Astronomy

Ad oggi (Ottobre 2021, fonte https://exoplanets.nasa.gov/), il numero di esopianeti confermati (più di 4500) è tale da permettere non solo studi dedicati ai singoli pianeti ed ai loro sistemi, ma anche dettagliate analisi di popolazione. Queste sono indispensabili per comprendere il processo di formazione planetaria, l’evoluzione dei pianeti, la composizione chimica e le proprietà fisiche delle atmosfere esoplanetarie, e come tutto questo venga

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Presentati due metodi che permettono di stimare la copertura di regioni magnetiche attive in fotosfera. Lo studio: “Estimating Magnetic Filling Factors from Simultaneous Spectroscopy and Photometry: Disentangling Spots, Plage, and Network” di T. W. Milbourne (Harvard University) pubblicato da ApJ

Circa il 20% degli esopianeti scoperti finora (Ottobre 2021) è stato identificato tramite misure di velocità radiali (Fonte: https://exoplanets.nasa.gov/). Questo metodo si basa su osservazioni spettroscopiche di stelle con pianeti, mirate a misurare periodiche oscillazioni della stella tramite misure di effetto Doppler. Queste oscillazioni sono una conseguenza dell’interazione gravitazionale tra stella e pianeta durante l’orbita del pianeta attorno la stella. Intuitivamente,

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Pubblicato su A&A il catalogo dei candidati target della missione Plato: “The all-sky PLATO input catalogue” di M. Montalto (Unipd/INAF-OAPd)

Secondo i dati ufficiali rilasciati dalla NASA, ad oggi (1 Ottobre 2021) abbiamo scoperto e confermato 4525 esopianeti in 3357 sistemi esoplanetari. La maggiorparte di questi pianeti (più del 75%) è stato scoperto con il metodo dei transiti, mentre circa il 20% con il metodo delle velocità radiali. Con la prima tecnica, il pianeta viene scoperto quando transita di fronte

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Il Gioviano caldo WASP-33b nell’obiettivo di HARPS-N. Lo studio: “The GAPS Programme at TNG. XXXI. The WASP-33 system revisited with HARPS-N” di F. Borsa (INAF – OA di Brera) pubblicato su A&A

I gioviani caldi sono pianeti gassosi in orbite molto strette (tipicamente con un semiasse maggiore minore di 0.1 UA, dove 1 Unità Astronomica, UA, corrisponde alla distanza media tra Terra e Sole, circa 150 milioni di km) attorno alla propria stella. Sia per l’intensità della radiazione stellare incidente, soprattutto raggi UV, che per le intense interazioni con la stella, questi

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Cefeidi ed emissione di raggi X. L’articolo “X-rays in Cepheids: XMM-Newton Observations of η Aql” di N. R. Evans (SAO-CfA) pubblicato su AJ

Le cefeidi sono stelle di grande importanza, in quanto permettono di determinare la distanza delle galassie entro poche centinaia di milioni di anni luce da noi. Questo avviene grazie alle pulsazioni che caratterizzano queste stelle giganti, che stanno attraversando una fase instabile della loro evoluzione. Le pulsazioni fanno cambiare la loro luminosità con una periodicità che dipende dalla luminosità intrinseca

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L’abbondanza di litio ed i processi interni nelle stelle. L’articolo: “The Gaia-ESO survey: Mixing processes in low-mass stars traced by lithium abundance in cluster and field stars” di L. Magrini (INAF – OA Arcetri) pubblicato su A&A

Il Litio è un elemento chimico la cui abbondanza nell’Universo ha una storia complessa. Prodotto in percentuali molto ridotte durante il Big Bang, questo elemento chimico viene sia prodotto che distrutto continuamente da vari processi che avvengono nelle stelle. Di conseguenza, la quantità di litio che osserviamo nelle stelle oggi non riflette quella prodotta durante il Big Bang. Inoltre, fatta

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Nessuna relazione tra metallicità ed età delle stelle nell’intorno solare. Lo studio: “Constraining the solar neighbourhood age-metallicity relation from white dwarf-main sequence binaries” di A. Rebassa-Mansergas (Universitat Politècnica de Catalunya) pubblicato su MNRAS

I primi elementi chimici presenti nell’Universo dopo il Big Bang sono stati idrogeno, elio, e, in percentuali estremamente basse, litio. Da quel momento, sono state le stelle, soprattutto quelle di grande massa, le principali responsabili dell’arricchimento chimico dell’Universo. Le stelle, infatti, producono energia nei loro nuclei sintetizzando elementi chimici, che quindi vengono ridistribuiti nel mezzo interstellare quando queste terminano la

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