Un confronto tra i metodi usati per stimare l’età degli ammassi stellari giovani. Lo studio: “The Gaia-ESO survey: a lithium depletion boundary age for NGC 2232” di A. S. Binks (Keele University) recentemente pubblicato su MNRAS

Stimare l’età delle stelle è un compito tanto importante quanto complicato. Infatti, lo studio dell’evoluzione delle stelle e delle loro proprietà necessariamente richiede una stima accurata della loro età. D’altro canto, esistono poche diagnostiche che ci permettono di ottenere stime accurate dell’età delle stelle, e tipicamente quelle disponibili sono applicabili solo a determinati tipi di stelle in determinate fasi evolutive. Un esempio fortunato è quello delle stelle in ammassi stellari giovani, che costituiscono dei gruppi anche numerosi per lo più coevi, e la loro età può essere stimata con diversi approcci statistici.

 

Il metodo usato più di frequente consiste nel confrontare le magnitudini (misure logaritmiche del flusso di energia osservato in determinate bande dello spettro elettromagnetico) ed i colori (differenze di magnitudini) delle stelle in ammassi in un ampio intervallo di masse, con valori previsti da modelli fisici di stelle coeve, dette isocrone. Questo metodo, chiamato “isochrones fitting”, è il più diffuso sia per la facilità con cui osservazioni fotometriche di ammassi stellari possono essere ottenute in bande ottiche e/o infrarosse, che per l’esistenza di vari modelli stellari evolutivi che sintetizzano magnitudini e colori. Uno dei problemi legati a questo metodo è che l’affidabilità dei risultati ottenuti per gli ammassi giovani (meno di 50-100 milioni di anni), dipende dall’accuratezza con cui i modelli descrivono la complessa fisica che regola le stelle. In particolare, si è visto che includendo nei modelli i fenomeni di natura magnetica, come la soppressione della convezione in presenza di macchie fotosferiche, le età stimate con questo metodo possono cambiare significativamente. Altro metodo usato di frequente per stimare l’età delle stelle in ammassi consiste nel misurare l’abbondanza del Litio nelle stelle, e verificare a quale luminosità esse cominciano ad essere prive di questo elemento chimico (metodo del “lithium depletion boundary”). Il litio viene infatti consumato rapidamente dai processi che avvengono all’interno della stella, con tempi tipici che dipendono dalla massa delle stelle stesse.

 

Il team guidato dall’astrofisico A. S. Binks (Astrophysics Group, Keele University) ha analizzato i dati spettroscopici ottenuti dal progetto Gaia-ESO Survey (GES) dell’ammasso stellare NGC 2232, per stimarne l’età applicando metodi diversi. Dopo aver identificato le stelle associate all’ammasso applicando diagnostiche spettroscopiche e cinematiche, e sfruttando le misurazioni di parallasse e moto proprio ottenute dal satellite Gaia dell’European Space Agency che hanno anche permesso di stimare la distanza dell’ammasso (circa 1053 anni luce da noi), gli autori dello studio hanno misurato l’età dell’ammasso sia con il metodo del “lithium depletion boundary” che con il metodo del “isochrones fitting”. Per questo scopo sono stati utilizzati sia modelli che ignorano i fenomeni di natura magnetica (simili a quelli usati più di frequente) che modelli che includono questi effetti. Dalla stima del “lithium depletion boundary” gli autori hanno ottenuto un’età di circa 38 milioni di anni, il doppio dell’età ottenuta da “isochrones fitting” usando modelli che non includono fenomeni di tipo magnetico. L’accordo tra i due metodi migliora usando modelli che includono fenomeni magnetici. Il caso migliore è stato ottenuto con modelli che prevedono una copertura fotosferica da parte di macchie superiore al 50%, caratteristica comune in stelle giovani e magneticamente attive. Il risultato di questo studio, descritto nell’articolo: “The Gaia-ESO survey: a lithium depletion boundary age for NGC 2232“, pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, indica quindi che stime di età di ammassi stellari ottenute dal confronto di dati fotometrici con modelli che non includono effetti magnetici potrebbero essere sbagliate anche di un fattore due. Tra i coautori dello studio figura anche l’astrofisica L. Prisinzano dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo.

 

La figura (cliccare qua per visualizzare l’immagine intera) mostra un diagramma colore magnitudine (magnitudine assoluta in banda K vs. colore intrinseco G-K, dove G è la magnitudine nella banda larga misurata da Gaia) per le stelle di NGC 2232. Stelle ricche e povere di litio sono indicate con simboli rossi e blu, rispettivamente. I simboli pieni e vuoti indicano invece sorgenti la cui misura equivalente (una misura dell’intensità delle righe negli spettri) della riga del litio è compatibile o non compatibile con il valore di 300 mÅ. Cerchi e triangoli invece distinguono le stelle singole dalle binarie. Il box grigio indica la posizione del Lithium Depletion Boundary stimato in questo studio. Le linee blu, verde e rossa rappresentano luoghi corrispondenti ad una scomparsa del 99% di litio per tre modelli standard a 30, 40, e 50 milioni di anni. Le linee nere indicano isocrone derivate da questi tre modelli.