Lo sviluppo dei filtri per X-IFU e WFI di ATHENA presso i laboratori del nostro Osservatorio

L’astronomia ai raggi X esplora l’Universo alle alte energie. I raggi X infatti sono fotoni ad altissima energia, che vengono emessi da gas estremamente caldi (con temperature di milioni di gradi) o da processi che coinvolgono particelle con energie relativistiche. Alcune sorgenti astronomiche di raggi X sono i buchi neri con fenomeni di accrescimento, come ad esempio i buchi neri supermassicci nel nucleo di galassie attive, le corone stellari, i resti di supernova e gli ammassi di galassie.

 

Esistono delle complicazioni importanti nel progettare telescopi sensibili ai raggi X. Innanzitutto, per osservare i raggi X provenienti da oggetti astronomici è necessario usare dei satelliti. Questo perchè la nostra atmosfera è totalmente opaca a questo tipo di radiazione. Inoltre, questi telescopi hanno bisogno di design specifici per riuscire a focalizzare fotoni così energetici e permettere ai detector di catturali e misurarne le proprietà. I telescopi ai raggi X principali operanti al momento (come il satellite Chandra della NASA o XMM/Newton dell’ESA) usano come rivelatorio di fotoni i CCD (Charge-Coupled Device), con una tecnologia del tutto simile a quella usata nelle camere di telefonini e macchine fotografiche. In questi rivelatori, all’incidenza di un raggio X in un dato pixel si accumula una carica elettrica che viene raccolta e letta dalla strumentazione di bordo. La carica accumulata è proporzionale all’energia del fotone incidente, permettendo di misurarla accuratamente. Telescopi di nuova generazione, invece, useranno microcalorimetri. In questi dispositivi, all’incidenza del fotone consegue un aumento della temperatura di un assorbitore dalle dimensioni micrometriche. L’aumento di temperatura, seppur minimo (dell’ordine di alcuni millesimi di gradi), è proporzionale all’energia del fotone incidente, e può essere “letto” da un componente elettronico chiamato “thermistor” (che di fatto cambia la propria resistenza elettrica a seguito dell’aumento di temperatura).

 

Purtroppo, però, i rivelatori di raggi X possono produrre del segnale anche se colpiti da radiazione in altre bande dello spettro elettromagnetico, principalmente UV, visibile ed infrarosso. Oltre a risultare in rumore che contamina le misure effettuate, il segnale prodotto può degradare la precisione con cui si misura l’energia dei fotoni ai raggi X. Per questo motivo, questi telescopi devono anche essere dotati di filtri per bloccare radiazione indesiderata. La costruzione di questi filtri è complessa, in quanto essi devono rispondere a diversi criteri, quali: 1) essere trasparenti ai raggi X, 2) essere opachi agli altri tipi di radiazione, 3) essere piccoli e leggeri ma resistenti alle sollecitazioni meccaniche e sonore durante il lancio, e 4) bloccare l’incidenza di particelle cariche, principalmente quelle a bassa energia. L’Osservatorio Astronomico di Palermo, ed in particolare il laboratorio XACT, è fortemente coinvolto nella progettazione dei filtri che saranno montati sul satellite dell’Agenzia Spaziale Europea Athena, il cui lancio è previsto nella prima metà degli anni ’30. In particolare, sono in stato di sviluppo filtri necessari per lo spettrometro X-IFU, i cui microcalorimetri dovranno operare a temperature minori di 100 mK. Questi filtri (l’attuale progetto prevede cinque filtri posti a distanze variabili dal rivelatore) bloccheranno la radiazione principalmente infrarossa emessa da superfici più calde, e saranno costituiti da uno strato di poliimmide di 45 nm (1nm è un miliardesimo di metro) rivestito da uno strato di 30 nm di alluminio. Sono in fase di sviluppo presso XACT anche dei filtri per la camera WFI di Athena, mirati a bloccare radiazione UV e visibile. Il progetto attuale prevede l’utilizzo di due filtri, uno costituito da tre strati (90 nm di alluminio più 30 nm di nitruro di silicio, Si3N4, e 20 nm di silice, SiO2) depositato direttamente sulla superficie sensibile del rivelatore, ed uno da installare nella ruota porta-filtri costituito da uno strato di 150 nm di poliimmide e 30 nm di alluminio.

 

L’importanza dell’uso di filtri in telescopi per l’osservazione di raggi X, il loro sviluppo storico, e le tecnologie implementate per i telescopi di nuova generazione sono l’argomento trattato nel capitolo “Filters for X-ray detectors on Space missions“, che verrà incluso nel libro in tre volumi “Handbook of x-ray and gamma ray astrophysics” edito da Springer Nature Singapore, con Editors-in-Chief Cosimo Bambi (Fudan University) e Andrea Santangelo (University of Tübingen). Gli autori del capitolo sono Marco Barbera e Luisa Sciortino (Università degli Studi di Palermo, associati all’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo), Ugo Lo Cicero (INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo).

 

L’immagine (cliccare qui per visualizzare la figura interamente) mostra dei campioni di filtri progettati per WFI (immagine a sinistra) e X-IFU (immagine a destra) preparati per i test meccanici condotti nel laboratorio del Centro Spaziale di Liegi.

 

Mario Giuseppe Guarcello  ( segui mguarce) ( youtube)

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