Ghiacci e raggi X per spiegare le abbondanze chimiche nei dischi protoplanetari

Per comprendere il processo di formazione planetaria è necessario studiare l’evoluzione dei dischi protoplanetari, le strutture a disco composte da gas e grani di polvere orbitanti attorno le stelle di piccola massa durante i primi 3-5 milioni di anni della loro vita, e che possono dare origine a sistemi planetari. Negli ultimi anni, osservazioni di queste strutture mirate all’identificazione di molecole di vario tipo, soprattutto organiche, hanno iniziato a svelarne l’evoluzione chimica ed il suo legame con la formazione planetaria. Studi di questa natura permettono di comprendere come la chimica dei pianeti giovani si sviluppa e si arricchisce dalla possibile interazione con il materiale del disco. Il contributo di materiale organico dal disco potrebbe infatti arricchire il pool organico del pianeta e facilitarne l’evoluzione prebiotica.

 

Lo strumento di punta per l’analisi chimica dei dischi protoplanetari è certamente l’Atacama Large Millimeter Array (ALMA). Osservazioni ALMA, infatti, hanno permesso di identificare e localizzare nei dischi molecole come CO (monossido di carbonio), CO2 (diossido di carbonio), HCO, e H2CO (formaldeide). Molecole più complesse non sono state rivelate, mentre CH3OH (metanolo) e CH3CN (acetonitrile) sembrano essere poco abbondanti. I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica sono in prima linea in questa ricerca, con importanti progetti come The Cradle of Life – Genesis-Ska. 

 

Per studiare l’origine delle abbondanze delle specie chimiche nei dischi protoplanetari, il team di ricercatori guidato dall’astrofisica Angela Ciaravella (INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo) ha eseguito esperimenti in cui si è simulato l’ambiente radiativo tipico in cui sono immersi i grani di polvere che risiedono nelle regioni più fredde dei dischi protoplanetari, al di là della cosiddetta “snow line” (ossia le regioni del disco dove la temperatura è tale da permettere a determinate specie chimiche di ghiacciare). Questi mantelli sono stati irraggiati con radiazione X, dato che in questa particolare banda spettrale le stelle giovani di tipo solare risultano mediamente 1000-10000 volte più brillanti delle stelle con eguale massa ma in sequenza principale. I raggi X possono inoltre penetrare facilmente il mezzo circumstellare a grandi distanze dalla stella centrale, raggiungendo regioni non accessibile a radiazione meno energetica come UV e ottico.

 

In questi esperimenti si è adottata una copertura di ghiacci per i grani di polvere, simile a quanto si è inferito da osservazioni e studi teorici: una copertura a doppio strato, in cui una miscela 2:1:1 di H2O:CH4:NH3 è stata ricoperta da uno strato di CO:CH3OH in una miscela 3:1. Durante l’irraggiamento il metanolo viene rapidamente convertito in nuove specie molecolari tra cui H2CO, HCO e CO. In questi esperimenti non è stata osservata una apprezzabile foto-evaporazione del metanolo, mentre una frazione significativa dei suoi prodotti desorbe durante l’irraggiamento. L’esperimento è stato ripetuto aggiungendo nello strato inferiore gli isotopi del 13C e 15N nel metano (13CH4) e nell’ammoniaca (15NH3), mostrando che alcune semplici molecole dello strato inferiore raggiungono la superficie e desorbono, mentre nello strato inferiore si formano molecole molto più complesse che rimangono localizzate nel ghiaccio.

 

I risultati ottenuti possono spiegare la non rilevazione del metanolo nel gas nelle regioni dei dischi esposte alla radiazione X, ed anche la presenza di CO, HCO e H2CO. L’esperimento mostra quindi come l’irraggiamento da parte di raggi X di analoghi di ghiacci che compongo i mantelli che ricoprono i grani di polvere dei dischi possa riprodurre le abbondanze delle specie molecolari osservate in queste strutture. Lo studio è descritto nell’articolo: “X-ray processing of a realistic ice mantle can explain the gas abundances in protoplanetary disks“, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of United States of America con la collaborazione degli astrofisici Antonio Jimenez-Escobar e Cesare Cecchi-Pestellini dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo ed astronomi del Centro di Astrobiologia di Madrid e della National Central University di Taiwan.

 

La figura (cliccare qui per visualizzare l’immagine intera), mostra uno schema dell’esperimento. Si vedono i due strati di ghiaccio con composizione diversa che ricoprono i grani di polvere, e gli effetti dovuti all’irraggiamento da parte di raggi X.

 

Mario Giuseppe Guarcello  ( segui mguarce)