Sintesi di spettri di esopianeti irradiati esternamente ed effetti della radiazione UV/X. Lo studio: “Signatures of X-ray dominated chemistry in the spectra of exoplanetary atmospheres” di D. Locci (INAF – OAPA) pubblicato su PSJ

Una delle lezioni apprese in questi decenni di ricerca sugli esopianeti, specialmente considerando la diversità di esopianeti scoperti finora, è che molte loro proprietà dipendono dalle caratteristiche e dall’evoluzione della stella attorno alla quale orbitano. In particolare, la radiazione energetica emessa dalla stella nelle bande UV e raggi X può alterare in modo significativo le proprietà chimiche e fisiche dell’atmosfera dei pianeti. Mentre la radiazione UV viene principalmente assorbita dagli strati atmosferici esterni, caratterizzati da pressioni inferiori a 10-6 bar, i raggi X riescono a penetrare più in profondità, fino a circa 10-3 -10-2 bar, a causa di una sezione d’urto minore nei processi di interazione con le molecole presenti nell’atmosfera (la sezione d’urto è un coefficiente ampiamente utilizzato in fisica, che permette di parametrizzare la probabilità di interazioni tra particelle). Inoltre, i raggi X inducono un’intensa ionizzazione, iniettando nell’atmosfera elettroni ad alta energia che provocano ulteriore ionizzazione a cascata. Queste particelle sono responsabili della produzione di ioni H2+, che, interagendo con le molecole neutre, danno vita ad una chimica con un’abbondanza di elementi come metano acetilene e acido cianidrico.

 

A rendere possibili questi effetti è il fatto che le stelle sono sorgenti di radiazione UV e raggi X a causa della loro attività magnetica. Questa attività è alimentata dalla rotazione stellare. Di conseguenza, le stelle più giovani, caratterizzate da rotazioni molto rapide, emettono radiazione in queste bande migliaia di volte più intensamente rispetto alle stelle di eguale massa, ma in sequenza principale. Le stelle giovani si trovano in uno stato di “saturazione”, in cui la luminosità nella banda X, ad esempio, è sempre prossima a un millesimo della luminosità bolometrica (cioè l’emissione totale in tutte le bande dello spettro elettromagnetico). Questi fattori combinati fanno sì che un pianeta attorno a una stella giovane riceva flussi elevati di radiazione UV e raggi X, e questo indipendentemente dalla massa della stella. Infatti, se è vero che le stelle di massa maggiore hanno valori più elevati di luminosità bolometrica, e quindi anche nelle bande ad alta energia, è altrettanto vero che nelle stelle di piccola massa il periodo di saturazione dura più a lungo, risultando in periodi più lunghi in cui i pianeti sono esposti ad elevati flussi di radiazione X e UV.

 

È quindi possibile osservare, utilizzando strumenti di ultima generazione come il James Webb Space Telescope o, in futuro, Ariel, gli effetti derivanti dall’irradiazione di radiazioni UV e raggi X sulle atmosfere degli esopianeti? Questa è la domanda a cui ha risposto il team di ricercatori guidato dall’astrofisico D. Locci (INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo), sviluppando modelli chimico-fisici delle atmosfere di giganti gassosi irradiati esternamente da intensi flussi di raggi X e UV. Attraverso la sintesi di spettri a varie risoluzioni, simili a quelli che possono essere osservati in trasmissione (durante i transiti di fronte alla stella) attraverso telescopi moderni, il team ha mostrato che gli spettri sintetici, sia a bassa che ad alta risoluzione, possono evidenziare abbondanze non da equilibrio chimico di molecole come monossido di carbonio, metano, acetilene ed acido cianidrico, in caso di atmosfere fortemente irradiate. Tali modelli confermano quindi che strumenti come JWST ed Ariel saranno in grado di identificare deviazioni dall’equilibrio chimico in pianeti che subiscono forti effetti dovuti alla radiazione energetica emessa dalle loro stelle, e di permettere di comprendere le conseguenze di tale radiazione sull’evoluzione dei pianeti. Lo studio è descritto nell’articolo “Signatures of X-ray dominated chemistry in the spectra of exoplanetary atmospheres“, recentemente pubblicato sulla rivista The Planetary Science Journal. Tra i coautori figurano gli astrofisici A. Petralia, G. Micela, A. Maggio e C. Cecchi-Pestellini dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo.

 

L’immagine di copertina (clicca qui per visualizzare l’immagine completa) mostra spettri sintetici a bassa risoluzione calcolati considerando una luminosità X della stella centrale pari a 1026 (linea verde), 1028 (linea rossa) e 1030 erg/s (linea blu). Gli spettri sintetici evidenziano un aumento dei segnali spettroscopici correlati a molecole di acqua, monossido e diossido di carbonio, nonché metano, per valori più elevati di radiazione X incidente.