Non si butta via nulla

Ricordate quando vi ho parlato del Consiglio d’Egitto? (se non lo avete letto recuperate qui: http://www.astropa.inaf.it/un-falso-in-biblioteca/).

Nella legatura era presente un foglio a stampa, riutilizzato come rinforzo del cartoncino della coperta. Riutilizzare fogli di vecchi libri nella legatura di libri più moderni non è un caso raro, anzi! E se può sembrare abbastanza normale riciclare un foglio stampato in serie in epoca moderna, qualcuno potrebbe stupirsi sapendo che la stessa pratica veniva adottata con manoscritti medievali e incunaboli (i più antichi libri a stampa). Potevano mancare esempi simili nella biblioteca antica dell’Osservatorio? Ma certo che no, il fondo Piazzi è una fonte inesauribile di sorprese. Nei casi più comuni i frammenti di riuso si riscontrano nell’indorsatura, cioè nel rinforzo del dorso del libro. L’indorsatura sui libri antichi veniva realizzata principalmente in carta o in pergamena, e spesso queste erano di riuso.

L’indorsatura del volume “Optice de diversis luminis gradibus dimetiendis”, visibile dall’altra lacuna sul dorso.

In biblioteca ne abbiamo un esempio molto visibile sul volume Optice de diversis luminis gradibus dimetiendis di Pierre Bouguer, stampato a Vienna nel 1762. Il volume presenta due grandi lacune sul dorso e, grazie al degrado, è possibile vedere come è stata realizzata, un dettaglio che normalmente viene celato dalla coperta; si tratta di un foglio a stampa di un libro più antico, un messale romano.

L’indorsatura del volume “Optice de diversis luminis gradibus dimetiendis”, visibile da una delle lacune sul dorso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su molti altri volumi presenti in biblioteca l’indorsatura è realizzata con carta manoscritta ed è visibile dalle alette di prolungamento che si intravedono sotto le carte di controguardia. Ma la sorpresa più grande ce la riserva una Cinquecentina, stampata a Venezia nel 1595. Questa volta il frammento di riuso non si trova nell’indorsatura, guardate attentamente la foto della coperta, in basso e a destra.

La coperta del volume “De arte rhetorica libri tres. Ex Aristotele, Cicerone & Quinctiliano” di Cipriano Soarez, stampato nel 1595 a Venezia presso il tipografo Ioannem Angelerium,

Si tratta proprio di un foglio di pergamena manoscritta! Ed è un foglio non solo manoscritto ma anche rubricato, con la presenza cioè di iniziali e titoli colorati, in blu e rosso. Il foglio è stato rivoltato, cioè girato dal lato in cui non erano presenti inchiostri o pigmenti. Il testo è difficilmente leggibile, ma sarebbe possibile tramite tecniche di imaging e analisi diagnostiche scoprire cosa contiene (generalmente si trattava di testi liturgici). Dall’invenzione della stampa fino all’inizio del XVII secolo tantissimi manoscritti medievali sono stati utilizzati nelle legature di libri più moderni; le ragioni di questa pratica sono molteplici: la diffusione della stampa, che ha gradualmente portato alla sostituzione dei manoscritti con libri stampati; il fatto che spesso alcuni libri, soprattutto liturgici, venivano ritenuti obsoleti e non servivano dunque più allo scopo per cui erano stati realizzati; le grandi qualità della pergamena, un materiale molto resistente, che si preferiva riciclare dato il suo costo molto elevato.

L’importanza del ritrovamento di questi frammenti è grande, perché se da un lato la loro presenza testimonia la perdita di un prezioso patrimonio, smembrato e ormai poco riconoscibile, dall’altro il loro riuso ne ha garantito la conservazione e ci permette, ancora una volta, di scoprire di più sulla storia di questi libri. I materiali e le tecniche di manifattura di un libro raccontano molto di più di quello che ci dicono solo il suo titolo o il suo luogo di stampa.

Giada Genua

 

 

 

Tutte le immagini sono di proprietà dell’INAF-Osservatorio Astronomico 

 

 

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