Migrazioni ed impatti in un sistema esoplanetario. Pubblicato su Nature Astronomy lo studio: “A giant impact as the likely origin of different twins in the Kepler-107 exoplanet system” di A. S. Bonomo (INAF– OA di Torino)

Gli esopianeti con un raggio minore di 3 raggi terrestri presentano un ampio spettro di caratteristiche. Infatti, a questo gruppo appartengono sia pianeti sub-nettuniani a bassa densità, che pianeti ad alta densità di tipo terrestre o dalle caratteristiche più simili a Mercurio. Questa diversità fa supporre che pianeti di queste dimensioni, sebbene si siano formati in maniera simile, abbiano poi seguito percorsi evoutivi diversi in funzione delle proprietà della stella attorno a cui orbitano, dell’ambiente di formazione, e delle caratteristiche del sistema esoplanetario a cui appartengono.

 

Uno dei processi che può influenzare l’evoluzione di un esopianeta è la fotoevaporazione. La stella centrale può essere una sorgente brillante di radiazione UV e di raggi X (caratteristica comune nelle stelle giovani). Questa radiazione, incidente sul giovane esopianeta, riscalda il gas anche fino ad alcune migliaia di gradi, facendolo disperdere nel mezzo circostante. Di fatto, quindi, il processo di fotoevaporazione tende a ridurre la percentuale di elementi volatili presenti in un esopianeta. Inoltre, i sistemi esoplanetari giovani possono essere ambienti caotici, caratterizzati da migrazioni degli esopianeti e da collisioni. Il nostro Sistema Solare, ad esempio, è stato plasmato da simili processi, presentando varie testimonianze di un passato violento.

 

La stella Kepler-107, a circa 1700 anni luce di distanza dalla Terra, con una massa di 1.2 masse solari ed un’età di 4.3 miliardi di anni, ospita un sistema esoplanetario che conta ben 4 pianeti di tipo sub-nettuniano, scoperti dal satellite della NASA Kepler. I loro periodi di rivoluzione (3.18, 4.90, 7.96 and 14.75 giorni) sono praticamente in risonanza (ossia i periodi stanno in rapporti tra piccoli numeri interi), suggerendo che essi siano migrati sostanzialmente dal loro sito di formazione. Di particolare interesse sono i pianeti dalle orbite più interne, oggetti dello studio: “A giant impact as the likely origin of different twins in the Kepler-107 exoplanet system” di A. S. Bonomo (INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino), recentemente pubblicato su Nature Astronomy. Gli autori di questo studio hanno monitorato questo sistema esoplanetario dal 21 Giugno 2014 al 22 Aprile 2017 con lo strumento HARPS-N montato al Telescopio Nazionale Galileo, raccogliendo 114 osservazioni spettroscopiche. Insieme ai dati ottenuti da Kepler, le osservazioni HARPS-N hanno permesso di stimare la densità dei due esopianeti più interni e scoprire che la densità di Kepler-107 c è circa il doppio di quella del pianeta più interno Kepler-107 b (12.6 e 5.3 g/cm3 rispettivamente). Questo non può essere dovuto al processo di fotoevaporazione. In questo caso, infatti, il pianeta più interno e quindi più vicino alla stella avrebbe dovuto ricevere un flusso UV e X maggiore di quello dei pianeti più esterni, perdendo una quantità di gas maggiore degli altri e risultare, quindi, con una densità maggiore. Esattamente l’opposto di quello che si osserva. Per spiegare questa discrepanza, gli autori di questo studio hanno dimostrato tramite simulazioni che impatti ad alta velocità tra pianeti giganti (fino a 10 masse terrestri) possono risultare in pianeti dalle caratteristiche di Kepler-107 c, a causa della perdita di una parte significativa del mantello del pianeta a seguito dell’impatto. Il sistema esoplanetario di Kepler-107 è l’unico sistema noto con tracce evidenti di collisioni tra esopianeti che ne hanno modellato l’architettura finale. Gli astronomi L. Affer e G. Micela dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo, hanno partecipato a questo studio.

 

La figura (link) mostra la sequenza della collisione simulata che potrebbe aver formato Kepler-107 c. La velocità di impatto è di 62.5 Km/sec ed i pianeti hanno una massa di 10.5 masse solari. Le tre righe mostrano la composizione (alto), densità (centro) e temperatura (basso). I due pianeti hanno una composizione iniziale identica, essendo composti per il 70% da forsterite e 30% da un nucleo ferroso. A seguito dell’impatto, la maggior parte del materiale è vaporizzato. Il residuo invece ha una massa di 8.2 masse terrestri ed una composizione di forsterite al 36% e ferro al 64%, consistente con la composizine di Kepler-107 c.