Come la radiazione X/UV delle stelle può influenzare la chimica delle atmosfere dei pianeti. Lo studio: “Extreme-ultraviolet- and X-Ray-driven Photochemistry of Gaseous Exoplanets” di D. Locci (INAF – OAPA) pubblicato su PSJ

Tra i 4903 esopianeti (fonte: https://exoplanets.nasa.gov/) scoperti e confermati finora (Gennaio 2022), alcuni orbitano a distanze molto ravvicinate dalla loro stella. In realtà, fu proprio il primo pianeta scoperto attorno ad una stella diversa dal Sole (51 Pegasi b, scoperto nel 1995) ad insegnarci che l’esistenza di pianeti in orbite così strette era possibile. 51 Pegasi b, infatti, orbita a soli 0.05 Unità Astronomiche (UA, 1 UA è la distanza media tra Terra e Sole, pari a 150 milioni di km) dalla sua stella, ossia poco più di un decimo della distanza tra Mercurio e Sole.

 

A distanze così ravvicinate dalla propria stella, i pianeti subiscono conseguenze importanti dovute all’intensità della radiazione stellare incidente. In particolare, la radiazione ultravioletta estrema (EUV) ed i raggi X possono avere importanti conseguenze sull’atmosfera planetaria, ionizzando gli atomi dei gas negli strati esterni dell’atmosfera. I fotoni a lunghezza d’onda maggiore (radiazione ottica, IR, etc.. ) semplicemente non hanno l’energia necessaria per venire assorbiti dagli atomi privandoli di uno o più elettroni.

 

Il team guidato dall’astronomo D. Locci (INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo) ha presentato un’analisi delle reazioni chimiche che avvengono nelle atmosfere di esopianeti su cui incide un’intensa radiazione X ed EUV. Secondo questo studio, i due tipi di radiazione possono influenzare l’atmosfera di un esopianeta in modo diverso. I raggi EUV, infatti, sono assorbiti negli strati più esterni dell’atmosfera, principalmente da molecole che contengono idrogeno ed elio. I raggi X, invece, riescono a penetrare più in profondità, dove ionizzano specie atomiche più pesanti. In queste condizioni, quindi, nell’atmosfera si vengono a creare due zone separate, una più esterna dove la ionizzazione è dominata dai raggi EUV ed una più interna dominata invece dai raggi X. Le differenze, però, non si fermano qua. I raggi X, infatti, riescono a produrre un’intensa cascata di elettroni dagli atomi ionizzati, i quali inducono eventi di ionizzazione secondaria che interessano le molecole contenenti idrogeno ed elio, dando origine ad una chimica caratteristica. Questi processi quindi modificano enormemente le abbondanze e la stratificazione nelle atmosfere dei vari elementi chimici e di molecole come acqua, CO, CO2, ed idrocarburi, che risultano essere ben diverse da quelle che si avrebbero all’equilibrio. Lo studio è descritto nell’articolo “Extreme-ultraviolet- and X-Ray-driven Photochemistry of Gaseous Exoplanets“, recentemente pubblicato dalla rivista The Planetary Science Journal.

 

La figura (cliccare qui per visualizza l’immagine interamente) mostra i profili di densità di varie molecole a diversi valori di pressione, per vari valori di radiazione incidente sull’atmosfera planetaria:

  • linee rosse, intensità intermedia (luminosità ai raggi X della stella Lx=1028 erg s−1; temperatura media della corona stellare Tx=0.5 keV)
  • linee viola, intensità bassa (luminosità ai raggi X Lx=1027 erg s−1; temperatura media della corona stellare Tx=0.3 keV)
  • linee azzurre, intensità elevata (luminosità ai raggi X Lx=1030 erg s−1; temperatura media della corona stellare Tx=1 keV)
  • linee blu, no radiazione X
  • simboli verdi, no radiazione EUV e X
  • simboli neri, no radiazione EUV

 

Mario Giuseppe Guarcello  ( segui mguarce) ( youtube)

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