Il Sole come una stella. Pubblicato su A&A lo studio: “Temporal evolution and correlations of optical activity indicators measured in Sun-as-a-star observations” di J. Maldonado (INAF-OAPA)

Le stelle presentano un’attività magnetica (risultante dall’interazione tra il proprio campo magnetico stellare ed il plasma in fotosfera, cromosfera e corona) che da vita ad una classe di fenomeni, come brillamenti stellari, macchie fotosferiche, faculae e protuberanze, osservati in un’ampia gamma di stelle. Questa attività è studiata analizzando alcuni indicatori spettroscopici prodotti da fenomeni magnetici: le righe H e K del calcio ionizzato una volta (linee Ca II H&K, centrate alle lunghezze d’onda  3969 e 3934 Å), che vengono prodotte in cromosfera e costituiscono uno degli indicatori tipici di attività cromosferica; le righe della serie di Balmer prodotte da transizioni elettroniche dell’atomo di idrogeno, come le righe Hα (6563 Å) e Hβ (4861 Å); e righe di emissione di alcuni elementi come l’elio ed il sodio.

 

Lo studio dell’attività magnetica delle stelle è di grande importanza per due motivi. Innanzi tutto essa rivela informazioni importanti sugli intensi campi magnetici stellari, sulla loro topologia, e su come essi interagiscono con plasma a migliaia o milioni di gradi (condizioni che non possiamo riprodurre nei laboratori sulla Terra). Inoltre, l’attività magnetica stellare produce segnali che devono essere identificati con precisione per la ricerca di esopianeti con la tecnica delle velocità radiali (che consiste nell’osservare le oscillazioni della posizione delle stelle con pianeti dovute all’attrazione gravitazionale tra stella e pianeta, e rivelabili tramite spettroscopia a media ed alta risoluzione spettrale grazie all’effetto Doppler). Ad esempio, per identificare il segnale dovuto ad una eso-Terra che orbita attorno una stella di piccola massa è necessario discriminare oscillazioni dell’ordine di 10 cm/sec, almeno un ordine di grandezza minore dei segnali prodotti dall’attività magnetica stellare.

 

I fenomeni magnetici sono osservati con dettaglio spaziale solo nel Sole. Infatti, a causa della loro distanza da noi, nelle altre stelle osserviamo solamente gli effetti integrati sul disco stellare, senza alcuna informazione su dove essi avvengano. Per sfruttare il Sole come laboratorio per interpretare i fenomeni osservati nelle altre stelle, lo strumento HARPS-N montato al telescopio Nazionale Galileo osserva l’attività magnetica solare usando sia gli indicatori spettroscopici tipicamente usati per studiare l’attività magnetica stellare, che quelli usati per identificare gli esopianeti con la tecnica delle velocità radiali. Queste osservazioni sono state analizzate dal team internazionale guidato dall’astronomo J. Maldonado (INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo), ed i risultati dello studio sono descritti nell’articolo: “Temporal evolution and correlations of optical activity indicators measured in Sun-as-a-star observations“, recentemente pubblicato su Astronomy & Astrophysics. Gli autori dimostrano che tutte le diagnostiche di attività magnetica stellare, ad eccezione della riga Hσ,  permettono di misurare correttamente il periodo di rotazione del Sole, con misure che variano tra 26.3 e 31.2 giorni. La differenza osservata è legata all’evoluzione e/o alla migrazione delle macchie solari. Gli autori hanno anche studiato le correlazioni esistenti tra le varie diagnostiche di attività con il campo magnetico integrato lungo tutto il disco solare ed il segnale di velocità radiale indotto dall’attività magnetica.

 

La figura in evidenza (link) mostra le serie temporali delle diagnostiche di attività solare ed i periodogrammi ottenuti da queste osservazioni.

 

di Mario Giuseppe Guarcello  ( segui mguarce)