Venti e getti nei dischi protoplanetari. L’articolo: “The Evolution of Disk Winds from a Combined Study of Optical and Infrared Forbidden Lines” di I. Pascucci (The University of Arizona) pubblicato su A&A

Lo studio dei dischi protoplanetari (strutture a disco orbitanti attorno stelle di pre-sequenza) è di grande interesse dato che la formazione dei sistemi planetari avviene all’interno di queste strutture. I dischi vengono dispersi in pochi milioni di anni (tipicamente meno di 10) dal processo di formazione planetaria stesso, dall’accrescimento di materiale sulla stella attorno cui orbita il disco, e dalla perdita di gas espulso sotto forma di un getto altamente collimato, che viene lanciato dalla regione interna del disco a velocità di alcune centinaia di km/sec, o di un vento più lento lanciato da più o meno tutta la superficie del disco.

 

Venti e getti nei dischi protoplanetari possono essere studiati attraverso osservazioni spettroscopiche ad alta risoluzione spettrale. Venti e getti sono infatti caratterizzati da densità basse, alle quali gli atomi possono emettere radiazione sotto forma di righe d’emissione chiamate “proibite”. A meno che il disco non venga osservato praticamente di taglio, la componente di venti e getti a noi visibile è quella che si muove nella nostra direzione (essendo il lato opposto nascosto dal disco stesso). Per effetto Doppler, quindi, le righe proibite emesse dal gas in venti e getti presentano una componente “spostata verso il blu”, tanto più spostata rispetto la lunghezza d’onda centrale della riga quanto più veloce si muove il gas.

 

Il team di astronomi guidato da Ilaria Pascucci, professore associato di astronomia presso il Dipartimento di Astronomia dell’Università dell’Arizona, ha analizzato gli spettri di 31 dischi protoplanetari, ottenuti con lo spettrografo VISIR2 dell’European Southern Observatory. In particolare, gli spettri osservati comprendono le due righe proibite a 0.63 μm dell’Ossigeno neutro ([OI]) ed a 12.81 μm del Neon singolarmente ionizzato ([NeII]), tipicamente usate come diagnostica per studiare venti e getti nei dischi protoplanetari. La riga di [OI] è osservata in 17 casi, e presenta sempre una forma complessa caratterizzata da due componenti: una a bassa velocità (LVC, low velocity component) emessa dal vento, ed una ad alta velocità (HVC, high velocity component) emessa dal getto. La riga [NeII] osservata in questi dischi presenta invece solo una delle due componenti. In particolare, i dischi più giovani che accrescono più intensamente gas sulla stella centrale presentano la componente ad alta velocità emessa dal getto, mentre i dischi più evoluti con tassi di accrescimento minori, ed una regione interna praticamente vuota, presentano la componente a bassa velocità, emessa dal vento. Questa differenza è probabilmente dovuta al fatto che gli atomi di Neon nel vento sono ionizzati dalla radiazione ai raggi X emessa dalla stella centrale. Nei dischi meno evoluti, la cui regione interna raggiunge distanze ravvicinate dalla stella centrale, i raggi X sono probabilmente assorbiti da un vento emesso dalla regione interna del disco e tracciato dalla riga [OI] a 0.63 μm. Solo quando la regione attorno la stella è ripulita dal mezzo circumstellare, allora i raggi X raggiungono il resto del disco eccitando la riga [NeII] a 12.81 μm. Questo studio, descritto nell’articolo: “The Evolution of Disk Winds from a Combined Study of Optical and Infrared Forbidden Lines” recentemente pubblicato dalla rivista The Astrophysical Journal, mostra quindi come le diagnostiche usate per studiare il vento dei dischi protoplanetari possano essere usate per tracciare uno schema evolutivo dei dischi e dei loro venti. Tra i coautori della ricerca, l’astrofisico E. Flaccomio dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo.

 

L’immagine (cliccare qui per visualizzarla interamente) mostra lo scenario evolutivo presentato nello studio. Nel pannello in alto il disco è poco evoluto, e il vento lanciato dalla regione interna del disco scherma il resto del disco dai fotoni ai raggi X emessi dalla stella centrale. Nel pannello in basso, il disco è evoluto, e la regione interna è praticamente priva di materiale. In tal caso il vento interno è assente o poco denso, e non riesce a schermare i fotoni ai raggi X che eccitano gli atomi di Neon nel vento lanciato dalla regione esterna del disco.