L’interazione magnetica tra stella e pianeta può produrre brillamenti più energetici. Lo studio: “X-ray variability of HD 189733 across eight years of XMM-Newton observations” di I. Pillitteri (INAF – OAPA) pubblicato su A&A

La corona è l’atmosfera più esterna delle stelle non di grande massa. In questa regione, che si estende per alcuni raggi stellari, il plasma raggiunge temperature di alcuni milioni di gradi, alle quali emette principalmente radiazione ai raggi X. La temperatura media delle corone nelle stelle varia parecchio, in funzione di parametri stellari quali l’età della stella, la sua rotazione, la sua massa e struttura interna. Nella corona solare, ad esempio, sono osservate temperature medie di 1-2 milioni di gradi. Il plasma raggiunge temperature ancora più elevate durante i brillamenti coronali, fenomeni transienti di natura magnetica che avvengono in corona, innescati da un rilascio impulsivo di grandi quantità di energia magnetica.

 

L’attività coronale di una stella può essere influenzata dalla presenza di pianeti giganti in orbite eccezionalmente strette, ossia di Gioviani Caldi. Questi pianeti sono giganti gassosi che, per motivi ancora non completamente noti, orbitano a distanze dalla loro stella pari a frazioni di Unità Astronomica (UA, ossia la distanza media tra Sole e Terra, pari a 150 milioni di km), con periodi orbitali più brevi di 10 giorni. Questi fenomeni di interazione tra stella e pianeta, osservati in realtà in pochi casi, comprendono, ad esempio, effetti di tipo mareale, alterazione dell’attività coronale della stella o evaporazione dell’atmosfera planetaria riscaldata dalla radiazione UV ed ai raggi X emessa dalla stella ed accrescimento sulla stella di parte del gas evaporato.

 

Uno dei sistemi più interessanti per indagini sull’interazione stella-pianeta è costituito da HD 189733, un sistema binario composto da una stella di classe spettrale K1 ed una M4, a soli 63 anni luce di distanza da noi. Attorno la stella primaria (HD 189733 A) orbita un gioviano caldo (HD 189733 Ab) di 1.16 masse gioviane, a 0.03 UA di distanza dalla stella e con un periodo orbitale di appena 2.2 giorni. Questo sistema stellare è stato osservato ai raggi X dal satellite XMM-Newton in 25 occasioni per un totale di circa 265 ore di osservazione, coprendo tutte le fasi orbitali del pianeta, il transito principale (quando il pianeta transita di fronte alla stella lungo la nostra linea di vista) e secondario (quando il pianeta transita dietro la stella). Il team guidato dall’astrofisico I. Pillitteri (INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo) ha analizzato le osservazioni XMM-Newton per studiare la relazione tra l’attività coronale della stella e l’orbita del pianeta. In particolare, mentre la temperatura media della corona non sembra dipendere dalla fase orbitale del pianeta (mantenendo una temperatura media di circa 4.6 milioni di gradi), l’energia rilasciata durante i brillamenti sembra subire gli effetti dell’interazione magnetica tra stella e pianeta. Brillamenti sono stati osservati infatti per circa il 44% dell’intera osservazione, suddivisi tra brillamenti avvenuti durante il transito secondario (51.5%) e quello primario (41.8%). Confrontando la distribuzione dell’energia rilasciata durante questi brillamenti, i ricercatori hanno stimato che quelli avvenuti durante i transiti secondari risultavano essere più energetici. Questa differenza potrebbe essere una conseguenza della connessione magnetica esistente tra pianeta e stella. Come dimostrato infatti da un modello magneto-idrodinamico realizzato da ricercatori dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo (link), la configurazione del campo magnetico che connette stella e pianeta potrebbe essere instabile a causa dell’interazione con il vento stellare, incontrando occasionalmente le condizione favorevoli per innescare un lungo brillamento tra stella e pianeta. A supporto di queste ipotesi, la caratterizzazione di alcuni brillamenti osservati usando modelli teorici dimostra che essi sono confinati in strutture magnetiche lunghe diversi raggi stellari. Allo studio, descritto nell’articolo: “X-ray variability of HD 189733 across eight years of XMM-Newton observations“, recentemente pubblicato su Astronomy & Astrophysics, hanno partecipato gli astronomi G. Micela, A. Maggio e S. Sciortino dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo e J. Lopez-Santiago della Universidad Carlos III de Madrid.

 

La figura allegata (cliccare qui per visualizzare l’immagine interamente) mostra un’osservazione XMM-Newton (strumento MOS1) del sistema HD 189733. Sono ben visibili entrambe le stelle del sistema binario (in questa osservazione HD 189733 B è osservata durante un brillamento, altrimenti sarebbe molto meno brillante) ed una terza sorgente (source C) che probabilmente è una galassia attiva (AGN). Il cerchio grande ha un raggio di 30 arcosecondi, quelli piccoli 5 arcosecondi.

 

 

Mario Giuseppe Guarcello  ( segui mguarce) ( youtube)

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