Fenomeni ad alta energia nelle stelle di Wolf-Rayet di Westerlund 1

Le stelle di grande massa vivono una vita breve e violenta. Soprattutto durante le fasi finali della loro evoluzione, queste stelle attraversano profonde trasformazioni della loro struttura e disperdono nell’ambiente circostante una grande quantità di massa sotto forma di venti stellari.

In particolare, durante la fase di Wolf-Rayet, che dura solo poche centinaia di migliaia di anni, le stelle espellono completamente gli strati esterni ricchi di idrogeno in violenti venti che raggiungono velocità di 2000 km/s, esponendo gli strati interni caldi (oltre 20000 gradi) ricchi di elio, azoto, carbonio e altri elementi pesanti sintetizzati all’interno della stella.

Le stelle di Wolf-Rayet sono oggetti di grande interesse per vari motivi. Questa breve fase, infatti, determina il futuro della stella e il tipo di oggetto compatto che essa formerà al termine della sua evoluzione. Inoltre, a causa delle temperature superficiali così elevate, queste stelle producono flussi intensi di radiazione ultravioletta che, insieme ai venti violenti, hanno un impatto importante sull’ambiente circostante.

 

Considerando il numero ridotto di stelle di grande massa e la brevità della fase di Wolf-Rayet, non sorprende che questo tipo di stelle sia in realtà molto raro. Il catalogo di stelle di Wolf-Rayet curato dall’Università di Sheffield e costantemente aggiornato conta infatti solamente 669 stelle, identificate nella Via Lattea e nelle galassie vicine. Il campione coevo di stelle di Wolf-Rayet più ricco nella nostra Galassia è costituito dalle 24 stelle associate all’ammasso stellare supermassiccio Westerlund 1, oggetto del progetto EWOCS (Extended Westerlund 1 and 2 Open Cluster Survey), guidato dall’astrofisico M. G. Guarcello dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo.

 

Lo studio delle 24 stelle di Wolf-Rayet di Westerlund 1 è l’oggetto dell’articolo: EWOCS-II: X-ray properties of the Wolf-Rayet stars in the young Galactic super star cluster Westerlund 1, pubblicato recentemente nella rivista Astronomy & Astrophysics, e guidato dall’astrofisica K. Anastasopoulou dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo, ora in forza all’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge (US). Dall’analisi di un’osservazione ai raggi X di Westerlund 1 con il telescopio Chandra della NASA, durata più di 305 ore, il team autore dell’articolo ha studiato i fenomeni ad alta energia che avvengono in queste stelle.

In particolare, l’analisi temporale (ossia lo studio di come varia nel tempo il flusso di radiazione emesso dalle sorgenti) mostra in molti casi delle variabilità periodiche tipiche dei sistemi binari (sistemi di due stelle in orbita l’una attorno all’altra). D’altro canto, dall’analisi spettrale (ossia dallo studio della distribuzione di energia dei fotoni ai raggi X delle sorgenti catturati dal telescopio) è emerso che in tutte queste stelle è presente plasma a temperature superiori ai 10 milioni di gradi. Questo plasma si può generare solo nella regione compresa tra due stelle in un sistema binario massiccio, dove i venti delle due stelle impattano l’uno contro l’altro, trasformando l’energia cinetica in calore. Risulta quindi che tutte le stelle di Wolf-Rayet di Westerlund 1 sono componenti di sistemi binari con altre stelle di grande massa. Questa scoperta implica che la binarietà in sistemi massicci ha giocato un ruolo importante nella formazione delle stelle di Wolf-Rayet di Westerlund 1, determinandone il percorso evolutivo.

 

La figura di copertina (cliccare qui per visualizzarla interamente) mostra le immagini ai raggi X delle stelle di Wolf-Rayet di Westerlund 1. La dimensione di ogni pannello è di 10×10 arcosecondi, che alla distanza di Westerlund 1 corrispondono a una dimensione di 0.7 anni luce. Il colore usato codifica l’energia dei fotoni osservati in ogni sorgente: in rosso i fotoni con un’energia compresa tra 0.5 e 2.0 keV, in verde tra 2.0 e 4.0 keV e in blu tra 4.0 e 8.0 keV. Il cerchio giallo mostra la posizione della sorgente di raggi X, mentre in magenta è indicata la regione attorno alla sorgente usata per misurare le proprietà dei fotoni osservati.